[fsfe-it] Internet, ‘l’Agcom mette in discussione,il principio base della rete: la condivisione’ - RMS

Giacomo Poderi giacomo.poderi at gmail.com
Fri Jul 8 13:46:55 CEST 2011


Interessante (un po' per il contenuto, ma di più per esser arrivato su ilfatto
in prima pag della versione online):

 http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/07/internet-viva-la-condivisione/143582/

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Internet, ‘l’Agcom mette in discussione
il principio base della rete: la condivisione’

Secondo Richard Stallman, fondatore della Free Software Foundation, l'ingiusta
normativa dell'Authority sarebbe stata dettata dalle grandi major per proteggere
i loro interessi commerciali. Ma solo delle misure draconiane potranno fermare
il fenomeno della condivisione sul web
Non è difficile capire che l’approvazione da parte dello Stato italiano di una
normativa che consenta di oscurare i siti web sarebbe ingiusta. In primo luogo
si tratterebbe di un provvedimento di censura nei confronti di Internet. Alcuni
anni fa, i Paesi che si dichiaravano liberi non avrebbero mai osato fare una
cosa del genere, ma l’Italia già filtra l’accesso a siti stranieri (come
thepiratebay.org) e ora sta progettando una forma di censura per i siti
italiani. Ma c’è di più e di peggio: siamo in presenza di una forma di censura
in assenza di un giudizio della magistratura. E in questa maniera si aggira un
principio fondamentale della giustizia. Ed è per questa ragione che questo
provvedimento è ingiusto.

Ma per quale motivo lo Stato italiano sembra disposto a sfidare apertamente i
principi fondamentali della giustizia in questo delicato settore? Il regime di
Obama si dice favorevole alla nuova normativa. Per quale motivo gli Stati Uniti
auspicano la censura in Italia? Obama ha stretti legami con le case
discografiche e cinematografiche ed è favorevole alla censura di Internet negli
Stati Uniti. Evidentemente queste aziende hanno un’influenza sul governo
americano e, apparentemente, anche sul governo italiano. La nuova normativa è
opera loro. Perché propongono uno strumento così palesemente ingiusto? La
condivisione è positiva, è utile e Internet la rende semplice.

Di conseguenza gli utenti di Internet si scambiano materiali e solo misure
draconiane potrebbero impedirglielo. Queste aziende non potranno mai conseguire
i loro obiettivi nel rispetto dei principi della giustizia. Se questo attacco
non riuscirà a bloccare la condivisione, ci proveranno con mezzi ancora
peggiori. Hanno già provato a fare in modo che il vostro software si rivolti
contro di voi inserendo funzioni malevole che limitano l’utilizzo dei dati del
vostro computer. (Possono imporre restrizioni attraverso il vostro software se
il software non è libero; vedi gnu.org.) Poi hanno approvato una direttiva
dell’Unione europea per impedire ai cittadini di rompere queste “manette
digitali”. Ma gli utenti lo fanno lo stesso. Le aziende liquidano le obiezioni
ponendo una domanda: “La pirateria è un grosso problema e se non la fermiamo
così, come ci suggerite di fermarla?”. La risposta è: “Mandate le navi da guerra
nell’Oceano Indiano”.

Chiamare “pirati” gli utenti che utilizzano lo sharing in rete è come dire che
aiutare gli altri equivale moralmente ad attaccare una nave. Siamo su un altro
pianeta: attaccare una nave è una pessima cosa, la condivisione è un’ottima
cosa. Per gli utenti di Internet il vero problema è rappresentato da queste
aziende e dai loro incessanti attacchi agli utenti che condividono in rete. Come
fanno queste aziende ad ottenere l’appoggio dei governi per attaccare la libertà
degli internauti? Con il denaro e in più con un pretesto. Il denaro convince in
diversi modi, ma i politici non possono addurre come motivazione il denaro.
Hanno bisogno di un pretesto. Il pretesto fornito dalle aziende titolari dei
diritti d’autore è che loro sostengono gli artisti. Questa affermazione contiene
una modesta dose di verità, la qual cosa non ci consente di definirla una
grossolana bugia. Il denaro per sgocciolamento dalle aziende titolari dei
diritti d’autore finisce anche agli artisti. Pochissimi divi diventano ricchi,
ma la maggior parte degli artisti anche popolari non riescono nemmeno a sbarcare
il lunario. Se sono veramente gli artisti che ci stanno a cuore dovremmo trovare
un altro modo per sostenerli. Io ne ho proposti due. Un primo modo consiste
nell’imporre una tassa sulle connessioni Internet e distribuire il gettito
direttamente agli artisti (non alle aziende) sulla base della loro popolarità
misurata mediante sondaggi. Per utilizzare il denaro in maniera efficiente
dovremmo calcolare la quota di ogni artista in base alla radice cuba della sua
popolarità. Ad esempio, se la superstar A è 1000 volte più popolare dell’artista
B, ad A deve andare una somma di denaro dieci volte superiore rispetto a B.

Con questo sistema una superstar guadagnerebbe pur sempre più degli altri, ma la
maggior parte del denaro servirebbe a garantire un giusto reddito a numerosi
artisti non di primissimo piano, ma popolari. Con questo sistema gli artisti se
la passerebbero meglio e si risparmierebbe. L’altro modo consiste nel dotare
ogni sistema di riproduzione del suono di un pulsante col simbolo dell’euro.
Premendolo si invia anonimamente 1 euro agli artisti che hanno suonato e cantato
l’ultimo pezzo. Chi è povero non preme mai il pulsante. Chi non è povero può
premerlo una volta la settimana o una volta al giorno. Non è una grossa somma e
quindi perché non regalarla all’artista che ci piace? Sono possibili anche altri
metodi. Il problema appare difficile solo perché cerchiamo di risolvere il
problema sbagliato: “Come possiamo consentire alle aziende titolari dei diritti
d’autore di conservare la loro posizione di privilegio?”. Se affrontiamo il
problema giusto – “come possiamo sostenere gli artisti incoraggiando la
condivisione?” – allora ci accorgiamo che non è di difficile soluzione.

di Richard Stallman, il fondatore della Free Software Foundation Traduzione di
Carlo Antonio Biscotto

Dal Fatto Quotidiano del 7 luglio 2011



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